Anniversario 70 anni di Procarni

Il 4 agosto 2021 vi è stata una ricorrenza molto importante: una specie di compleanno.
Sono 70 anni che la nostra Azienda… Ehm..! volevo dire Famiglia si occupa di commercio specializzandosi poi nel commercio di carni e bestiame.
Questa carta bollata datata 4 agosto 1951 gli anni che porta li dimostra tutti, é usurata, quasi ridotta a brandelli, ma resiste come storica testimonianza.
Un memento che ci carica di grandi responsabilità e che ci richiede lo sforzo quotidiano di essere sempre degni di questa nostra lunga storia di passione e lavoro.
Bisogna dire che un tempo ci voleva veramente poco per aprire un attività.
Buon Compleanno!

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NONNO GAETANO

Questa foto è databile intorno alla metà degli anni Sessanta. Nel ritrovarla sono rimasto colpito di come mio nonno si sia messo in qualche modo in posa (era burbero e scontroso). Fare una foto a quei tempi evidentemente non é come adesso, era una specie di evento. Quando la mostrai in famiglia, mio zio Memmo, mi disse, come parlando di qualche giorno prima (di anni ne erano passati cinquanta), che quei vitelloni erano dei vitelloni bianchi e rossi Ungheresi che furono macellati a San Vito Romano per un loro cliente che si chiamava Ernesto Rossi. Se avessi chiesto a lui o a un altro dei miei zii oppure a mio padre, avrebbero ricordato con facilità probabilmente anche il peso alla macellazione. è gente fatta cosi. Mio nonno aveva perso in guerra tre dita della mano destra ed era proprio con quel moncherino che potete vedere bene che concludeva le trattative. La stalla ritratta nella foto adesso è la casa di mio cugino. Io abitavo di sopra e la porta di casa mia era di fianco ad un altra stalla anch’essa riconvertita in quella che è adesso la comoda e moderna abitazione di mio fratello. Tutto, anche l’odore de letame era meravigliosamente normale. Se mio nonno solo sapesse che adesso un vitellone a momenti lo spargiamo in tutta la provincia di Roma in comodi tagli anatomici in sottovuoto termo retraibile etichettati sia in chiaro che con codice barre, se solo sapesse… se solo sapesse quante e quali mutazioni ha subito questo lavoro, sai le bestemmie? Sono passati cinquanta anni. Mio nonno non c’e più, da poco non c’è più neanche mia nonna, non c’è più quel macellaio leggendario che era mio zio Memmo, non c’è più Ernesto Rossi. Termino qui una lista altrimenti lunghissima anche perché è tardi e noi di questo lavoro ci alziamo al mattino che è ancora buio.

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NONNA MIMMA

Mia nonna Mimma è stanca e i pochi passi che riesce a fare li fa solamente con i due bastoni gialli che un tempo erano di suo marito. Erano i bastoni delle fiere e dei mercati bestiame che frequentava mio nonno Gaetano, prima da sensale e poi da commerciante: Sora, Frosinone, Osteria Nuova ogni seconda domenica del mese, Moncalieri al mercoledì, e poi Modena, Bracciano al Primo Maggio e la Fiera di Santa Anatolia… quella importante. Nessun commerciante o chi voleva essere considerato tale rinunciava a portare con sé questo bastone utile a convincere gli animali a camminare, a raccogliere le capezze o come appoggio durante le trattative. Mio nonno aveva sempre nel taschino della giacca anche un paio di forbici sottili e ricurve riposte in un astuccio di cuoio che usava per contrassegnare il bestiame acquistato. Tagliava il pelo di una coscia dell’animale nel modo che comparissero le sue iniziali e il numero romano per tenere il conto di quante ne aveva comperate. Questi due bastoni segnano due epoche diverse poiché uno é di legno e l’altro è di plastica. Queste epoche non esistono più ormai da anni come non esiste più quel mondo romantico dove uno sarebbe morto piuttosto di non rispettare la parola data. E dopo tutte le commedie nel gioco delle parti di chi compra e chi vende, uno schiaffo sul palmo della mano aperta (che veniva congiunta dal mediatore) diveniva un contratto indissolubile. Questo mondo non esiste più ed io sono stanco, anzi sono stanchissimo…

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Quelli che…

Quelli che la carne la voglio magra e saporita, quelli che la carne la vogliono grassa ma solo dentro, quelli che il vitellone la scorsa settimana era duro, quelli che la scottona di 20 giorni fa si è macchiata, quelli che spostami l’assegno, quelli che a me i lombi me li danno a cinque euro, quelli che la Polonia è la carne più buona del mondo, quelli che la Polonia è la carne peggiore del mondo, quelli che ai miei tempi la carne la vendevo a metricubi, quelli che assegno? l’assegno ce l’ho ma non posso scrivere perché ho un virus intestinale. Quelli che la roba la vogliono come dicono loro e tu invece gliela mandi come dici tu e va sempre bene poi una volta gliela mandi come dicono loro e si lamentano, quelli che puntano sulla chianina, quelli che vogliono la piemontese matura, quelli che la scottona è una razza, quelli che…passa lunedì, quelli che ripassa lunedì, quelli che
Aripassa lunedì, quelli che Ari ripassa lunedì, quelli che il vitellone era pesante, quelli che la carne la vogliono chiara, ne grassa ne magra, con poco osso che si mantenga e che costi poco, quelli che ti posso mettere qualche giorno sull assegno ? Quelli che va tutto bene fino al momento in cui gli chiedi i soldi, quelli che la carne la vogliono tenera, quelli che non vogliono la carne come l’ultima volta, quelli che la carne la vogliono come l ultima volta, quelli che la consegna la vogliono senza stocchina, quelli che la consegna la vogliono in tre volte, quelli che i preparati sono il futuro, quelli che non dipingono le pareti della macelleria dai mondiali dell ’82. quelli che non si lavora perché ci sono le comunioni, quelli che non si lavora perché è tempo di fave, quelli che in cella frigo oltre la carne hanno la frutta e la nonna morta perché ancora le ritirano la pensione, quelli che Ugo Tognazzi nel film di Elio Petri al confronto è un dilettante, quelli che fumano dietro al banco, quelli che fanno da 15 anni la stessa battuta a sfondo sessuale. Quelli che la carne andava bene però….quelli che le salsicce come le faccio io non le fa nessuno, quelli che mettono gli ombrellini sopra le polpette … Mi fermo qui ma potrei continuare a lungo. Prometto che farò quanto prima un “quelli che” dei virtuosi, perché di professionisti seri e appassionati ce ne tanti anche in questa categoria degradata. Ps. Dimenticavo… Quelli che tollerano tutti quelli che..

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Il Mattatoio

Questo è il mattatoio Comunale di Olevano Romano anzi più esattamente quello che resta. I miei familiari ne sono stati innovativi gestori sino a che questo luogo non è stato inglobato dall’ espansione del tessuto urbano. Che poi si sa diventa indecoroso un posto così, tra le case comperate con trentanni di mutuo, e non tanto per l’architettura o la funzione ma per i miasmi che potete credermi, non evocano affatto la Provenza. è questo un luogo della mia infanzia, ma anche della mia adolescenza. Con Antoniomaria non è tanto facile cavarsela e ora sono qui ad onorare, in questa domenica di Agosto e tra tutto questo degrado, una vecchia promessa di cui ad ogni occasione mi chiedeva conto. Anno più, anno meno, probabilmente fanno 25 che non rivedo questi luoghi. La sala macellazione, il locale tripperia, la sala per gli agnelli, le bilance, la cella frigo per le mezzene, portano i segni del tempo e della devastazione e come se non bastasse del vandalismo, quasi a rendere ancora più brutto un posto che lo era già pure da nuovo. Ho trascorso molte vacanze estive nella tripperia dove tra i molti stomaci, il più forte doveva essere il mio specie quando, tra la calce ed il fieno appena digerito, comparivano parassiti rossi dalle sembianze di chicchi di melograno. Il dott. Buono a ragione, mi cacciava sempre, mal tollerava la presenza di un bambino tra quei luoghi, ma è forse per questo che ho sviluppato degli anticorpi prodigiosi. Talvolta, quasi come fosse una promozione, prendevo il coltello e aiutavo a scuoiare le parti più facili gli addetti alla macellazione Italo e Marcello. Marcello era di una bruttezza leggendaria chissà se è ancora vivo. Era di Tivoli. Con Italo ci incontriamo spesso e si finisce sempre a raccontarci di quei tempi andati, di quelle fatiche immani a tirar giù bovini che non ne volevano sapere di fare quella fine li, dei cumuli delle pelli di agnello a Natale, il freddo e i cappuccini nelle bottigliette di yoga, la carne calda, Sergio e il suo Fiat Lupetto che neanche aveva il frigo. Il sonno tanto al mattino, le interminabili sessioni di macellazione durante le feste, le dispute con quei levantini dei macellai ed io li bambino che ancora oggi mi chiedo come ho fatto a scampare a quello che doveva essere un destino di abbrutimento. Posso dirvi con certezza che io di tutto quel sangue, di tutta quella merda e di quei pagliericci non provo alcuna nostalgia. Antoniomaria si aggira beato tra i rifiuti, ed è mezza ora che mi punta addosso il mitragliatore delle domande, alzo le mani mi arrendo e lo prego di mirare bene al centro della fronte come si faceva un tempo qui, con un ultima domanda: “Papà ti piaceva quando lavoravi in questo posto?”… “No figlio …per niente”.

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