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Il Mattatoio

Questo è il mattatoio Comunale di Olevano Romano anzi più esattamente quello che resta. I miei familiari ne sono stati innovativi gestori sino a che questo luogo non è stato inglobato dall’ espansione del tessuto urbano. Che poi si sa diventa indecoroso un posto così, tra le case comperate con trentanni di mutuo, e non tanto per l’architettura o la funzione ma per i miasmi che potete credermi, non evocano affatto la Provenza. è questo un luogo della mia infanzia, ma anche della mia adolescenza. Con Antoniomaria non è tanto facile cavarsela e ora sono qui ad onorare, in questa domenica di Agosto e tra tutto questo degrado, una vecchia promessa di cui ad ogni occasione mi chiedeva conto. Anno più, anno meno, probabilmente fanno 25 che non rivedo questi luoghi. La sala macellazione, il locale tripperia, la sala per gli agnelli, le bilance, la cella frigo per le mezzene, portano i segni del tempo e della devastazione e come se non bastasse del vandalismo, quasi a rendere ancora più brutto un posto che lo era già pure da nuovo. Ho trascorso molte vacanze estive nella tripperia dove tra i molti stomaci, il più forte doveva essere il mio specie quando, tra la calce ed il fieno appena digerito, comparivano parassiti rossi dalle sembianze di chicchi di melograno. Il dott. Buono a ragione, mi cacciava sempre, mal tollerava la presenza di un bambino tra quei luoghi, ma è forse per questo che ho sviluppato degli anticorpi prodigiosi. Talvolta, quasi come fosse una promozione, prendevo il coltello e aiutavo a scuoiare le parti più facili gli addetti alla macellazione Italo e Marcello. Marcello era di una bruttezza leggendaria chissà se è ancora vivo. Era di Tivoli. Con Italo ci incontriamo spesso e si finisce sempre a raccontarci di quei tempi andati, di quelle fatiche immani a tirar giù bovini che non ne volevano sapere di fare quella fine li, dei cumuli delle pelli di agnello a Natale, il freddo e i cappuccini nelle bottigliette di yoga, la carne calda, Sergio e il suo Fiat Lupetto che neanche aveva il frigo. Il sonno tanto al mattino, le interminabili sessioni di macellazione durante le feste, le dispute con quei levantini dei macellai ed io li bambino che ancora oggi mi chiedo come ho fatto a scampare a quello che doveva essere un destino di abbrutimento. Posso dirvi con certezza che io di tutto quel sangue, di tutta quella merda e di quei pagliericci non provo alcuna nostalgia. Antoniomaria si aggira beato tra i rifiuti, ed è mezza ora che mi punta addosso il mitragliatore delle domande, alzo le mani mi arrendo e lo prego di mirare bene al centro della fronte come si faceva un tempo qui, con un ultima domanda: “Papà ti piaceva quando lavoravi in questo posto?”… “No figlio …per niente”.